mercoledì 4 gennaio 2017

Quella gran voglia di bavaglio che c'è




Il 2016 è stato un anno orribile per l'Ancien Régime 2.0.

Per la prima volta l'impalcatura mediatica a sostegno del controllo sull'opinione pubblica ha mostrato enormi crepe, che in tre casi hanno portato a risultati elettorali diametralmente opposti ai desiderata del regime: la Brexit, le elezioni Usa ed il referendum costituzionale in Italia.

Nonostante campagne martellanti volte ad orientare gli elettorati in un senso ben preciso, con largo uso di tutte le armi della propaganda, dal terrore (il project fear del caso britannico) al dileggio (il modo grottesco in cui è stato raccontato Donald Trump) alle blandizie (tutta la fuffa del "nuovo" contro il "vecchio" messa in campo per il referendum in Italia), gran parte dei cittadini chiamati al voto lo scorso anno - in nazioni diverse, con specificità e problematiche diverse - si è mostrata impermeabile quando non apertamente ostile rispetto alla narrazione che riceveva dai canali informativi tradizionali.

A questi chiari segnali di dissenso non si è reagito, come sarebbe stato logico, con l'autocritica, ma cercando di rafforzare il controllo sui canali di informazione non direttamente influenzabili, a partire dal web, cui si è addebitata pressoché tutta la responsabilità delle sconfitte.

Nascono così, con "incredibile" contemporaneità in quasi tutte le nazioni del cosiddetto Occidente, due campagne: una che punta al controllo indiretto tramite il discredito sommario di tutte le fonti di informazione alternative a quelle omologate, l'altra che mira ad una repressione più diretta tramite la chiusura di blog, forum, pagine e account sui social network - con relative sanzioni per i "criminali" -.

Alla prima campagna si può ricondurre il fenomeno "post-truth" (post-verità), termine ignoto ai più ancora pochi mesi fa e improvvisamente rimbalzato su tutti i media negli Stati Uniti ed in Europa, mentre veniva insignito del titolo di "parola dell'anno 2016" dagli Oxford Dictionaries. Per tempi e modalità con cui è stata data in pasto all'opinione pubblica, questa parola non sembra altro che l'ennesimo feticcio da agitare per impedire un serio e articolato dibattito su temi scomodi: la questione immigrati? la dissoluzione dell'euro? il ritorno alla sovranità degli stati nazionali? la globalizzazione? Esiste solo una verità (quella dei media ufficiali), tutto il resto è post-verità, ovvero bufala - per dirla con il più ruspante corrispettivo italiano -, menzogna.

Così sotto il pesante stigma di post-verità si vuole soffocare la naturale e spontanea varietà di opinioni che nasce e si sviluppa da sempre nelle società su pressochè ogni argomento, il tutto fingendo di preservare quella stessa democrazia che di fatto si sta pugnalando. L'obiettivo è spingere l'opinione pubblica ad ignorare a priori ogni argomentazione che non sia quella ufficiale, pena l'essere reputati creduloni, analfabeti o in malafede. Il fatto che si tenti di far rientrare sotto la stessa categoria teorie e notizie completamente false assieme ad altre che hanno solide basi scientifiche, ma cozzano con il pensiero unico, conferma la strumentalità del termine.

L'altra campagna è ancora più brutale e minaccia direttamente la libertà d'espressione, garantita in vario modo da tutte le Costituzioni occidentali. Partendo dal fenomeno creato ad arte della post-verità, pezzi delle élite hanno iniziato ad insinuare la necessità di una censura mirata principalmente contro il web, unico mezzo di comunicazione di massa privo di selezione dell'accesso. Ha iniziato la solita Ue, ed è arcinota la recente intervista del presidente dell'Antitrust Pitruzzella al Financial Times, che si accoda alle dichiarazioni di numerosi altri esponenti politici e istituzionali nel denunciare la necessità di controllo sull'informazione che circola in rete. Naturalmente si parla solo di censurare le notizie false o i contenuti che incitano all'odio... ma è fin troppo chiaro quanto siano opinabili questi concetti: chi detiene il potere è in grado di decidere cosa è vero e cosa non lo è in base alla propria convenienza del momento, la Storia è piena di esempi in tal senso...

Insomma, dobbiamo rassegnarci: questo mondo fatto di volontà degli elettori calpestate, voucher, disoccupazione permanente, pensioni sempre più lontane nel tempo, migrazioni di massa "che dureranno per decenni", crisi economiche iniziate per i capricci della finanza e finite nel c##o dei contribuenti è il migliore, anzi l'unico mondo possibile. Tutto il resto è post-verità e noi che ancora osiamo pensare ad un futuro diverso... solo degli irriducibili boccaloni.

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