Marco Pannella si è spento ieri a Roma dopo una lunga malattia.
Protagonista della vita politica italiana per
vari decenni, animatore di battaglie su temi etici e sociali, fondatore del
Partito Radicale, ultima delle principali figure parlamentari della prima
Repubblica, a lui va riconosciuto l'impegno instancabile per permeare la
società della sua visione del mondo e la costante ricerca di provocazioni
comunicative, che si trattasse della
tribuna politica silenziosa
del 1978, dei numerosi scioperi della fame e della sete o della
distribuzione
del denaro ricevuto tramite il finanziamento pubblico.
Al di là del naturale rispetto di fronte alla
scomparsa di un essere umano, e di quello dovuto all’abilità ed alla caparbietà
nel diffondere le proprie idee, non si può ignorare quanto negativo l’impatto
di queste sia stato nella società italiana. Il montante peso dell’individualismo
a discapito della concezione comunitaria, le interminabili liste di cosiddetti
“diritti civili” imposti come traguardi inevitabili già inscritti nel corso
della Storia, rispetto cui ogni opposizione non è opinione contraria ma
oltraggio e reato, la conseguente semplificazione del panorama politico in
“conservatori aggrappati al passato” e “innovatori consapevoli dell’unico
futuro possibile”, sono tutti frutti avvelenati che le battaglie di Pannella
hanno contribuito a far maturare.
In questo senso Marco Pannella era un sincero e
irriducibile anti-italiano: la sua intera biografia denuncia il costante
impegno nello scardinare i gangli costitutivi che trasformano un agglomerato di
individui in popolo e nazione e il sostegno al primato dell’uno sui molti, del
desiderio sulla ragionevolezza, del qui e
ora sulla lungimiranza.
Il suo, tuttavia, non era becero sentimento
anti-italiano intriso di auto razzismo, come quello che trasuda troppo spesso
da certi intellettuali nostrani, di spirito talmente provinciale da odiarsi per
non essere nati a Parigi, Londa o New York; se Pannella fosse nato negli USA
sarebbe stato anti-americano, e anti-francese fosse nato oltralpe, perché nella
sua visione del mondo concetti come identità di popolo e nazione erano
totalmente assenti, al punto che nel 1989 volle dare alla sua fazione il nome
di "
Partito
Radicale Transnazionale" per rendere ancora più esplicita la lotta per
la creazione di leggi “universali” da imporre al di sopra di ogni specifica cultura
e società.
Per Pannella, coerente con i suoi principi liberali e libertarie,
le nazioni erano un intralcio da consegnare quanto prima all'archivio della
storia, in favore di una
nuova organizzazione delle società che vedesse applicati
ovunque gli stessi principi, gli stessi valori. Non a caso tra i testi
ispiratori del Partito Radicale ha grande importanza il
Manifesto diVentotene, padre dell'Europa Unionista cancellatrice di Patrie.
Superamento delle nazioni quindi, e superamento
anche degli Stati, da ridurre ai minimi termini attraverso il progressivo restringimento
degli ambiti di competenza. Sotto questo punto di vista la sua opera sembra
costituire una sorta di “braccio sociale” perfettamente complementare al
“braccio economico” delle imperanti teorie liberiste e destinato a chiudere in
una stretta mortale l’assetto statuale per come si era definito a partire dal
XIX secolo.
Società così disarticolate, atomizzate in una
miriade di individui intenti solo a rivendicare il proprio particolare
interesse del momento, espongono totalmente le categorie più deboli
all’aggressione di quelle più forti, in possesso di risorse tali da imporre la
propria volontà in modo sempre più marcato. Senza il diaframma degli Stati a
porre sostegno e protezione ai più deboli, si torna al dominio del più forte, e
tutti i diritti secondari conquistati vengono sterilizzati dalla cancellazione
di quelli fondamentali: lavoro, pensione, salute, istruzione.
Per questo, pur
rispettando l’uomo Marco Pannella, il migliore auspicio che si possa fare oggi è che la sua
concezione di società possa presto lasciare il posto ad una più coesa, sociale, giusta.