giovedì 15 febbraio 2018

Verso le elezioni 2018: i "contatori del debito pubblico"

Foto: Ansa
Li avete visti spuntare all'improvviso nelle stazioni ferroviarie di Roma e Milano, oppure ne avete sentito parlare grazie all'ampia copertura mediatica ricevuta su giornali, tg e siti d'informazione: sono i giganteschi maxischermi a led, fatti installare dall'Istituto Bruno Leoni, che fino al 4 marzo ci aggiorneranno ben 855 volte al giorno sull'ammontare del debito pubblico italiano.

Una sorta di implacabile, austerissimo memento mori accompagnato da un breve testo e uno slogan dai toni giusto un filo minacciosi: "pagherai anche tu""ogni promessa è debito".

Purtroppo, da ignorante populista con l'aggravante del sovranismo qual sono, in un primo momento non ho colto la natura altruistica del monito che mi veniva rivolto ed il mio pensiero è volato solo a questo:


Poi però ho fatto forza alla mia natura gretta ed ho deciso di approfondire il tema. Questo ciò che ho trovato sul sito dell'Istituto riguardo l'iniziativa:

"Proviamo a mettere, quotidianamente, sotto gli occhi di centinaia di migliaia di persone la questione attorno a cui dovrebbe ruotare l’intero dibattito politico e di cui, invece, i partiti preferiscono dimenticarsi. Certo, alcune forze politiche menzionano di sfuggita la montagna del debito pubblico nei loro programmi, per prometterne la riduzione se non addirittura “l'abbattimento”. Ma, mentre lo fanno, propongono più spesa e più deficit. Purtroppo la matematica non è un’opinione: per ridurre il debito bisogna tagliare la spesa e portare il Paese in una condizione di pareggio di bilancio strutturale, come peraltro imporrebbe, almeno in teoria, non qualche segreto accordo fra il Bilderberg e gli gnomi di Zurigo ma la Costituzione più bella del mondo".

Isoliamo i tre concetti cardine:

1) Il debito pubblico è il primo problema nazionale, ma se ne parla poco e male;

2) L'unico modo di ridurre il debito è tagliare la spesa (senza nemmeno la grazia di addolcire con aggettivi quali "improduttiva" o "inutile"; bisogna tagliarla proprio tutta);

3) Il pareggio di bilancio ci è imposto dalla Costituzione, giammai da gruppi di potere.

Tre affermazioni, quattro sciocchezze. Non male come media. Vediamo di analizzare un po' le sciocchezze:

1) Il debito pubblico NON è il primo problema nazionale, ma in compenso se ne parla anche troppo. Per i dettagli su come e perché si è formato il debito pubblico nazionale potete iniziare ad informarvi qui, qui e qui. Se siete ancora convinti che questo sia il primo dei problemi italiani, vi consiglio di spendere i 40.000 euro circa della vostra quota (oltre ovviamente a quelli delle quote dei vostri cari) il prima possibile, non sia mai che gli addetti al recupero crediti mondiale arrivino a riprendersi il maltolto prima che ve ne siate disfatti...

2) Ridurre il debito tagliando la spesa ha uno spiacevole inconveniente: distrugge i servizi di competenza dello Stato. Se vi lamentate delle condizioni di scuole, strade, ospedali, sicurezza, verde e trasporti beh... quella è spesa pubblica. Tagliarla comporta per definizione il peggioramento immediato di ciascuno di quei servizi.
Soprattutto quando vi parlano di spesa pubblica improduttiva, stanno indicando esattamente scuole, strade, ospedali, sicurezza etc. ovvero tutto ciò che lo Stato offre come parte del patto sociale con i cittadini, anche se non ne trae sempre un profitto economico. Oltretutto in Italia, contrariamente a quello che vogliono farvi credere, la spesa pubblica è già stata ridotta all'osso. Non sono io né qualche bislacco complottista a certificarlo, ma l'Ufficio parlamentare di Bilancio nel suo ultimo report, come riportato su Il Fatto Quotidiano di ieri da Carlo di Foggia.

3) Questa è carina: è vero che il pareggio di bilancio è in Costituzione, come afferma l'Istituto Bruno Leoni, ma ci si "dimentica" di dire che vi è stato inserito solo nel 2012 e non ha nulla a che fare con il testo originario del 1948 (la cosiddetta Costituzione "più bella del mondo"), tanto da essere per molti una norma opposta allo spirito con cui i padri costituenti vollero scrivere la carta fondamentale della Repubblica.

4) L'Istituto Leoni sembra ritenere che il pareggio di bilancio sia stato inserito in Costituzione per ispirazione divina o per un temporaneo rinsavimento della stessa classe politica colpevole del terribile Debito Pubblico. Nessuna pressione esterna, nessun interessamento di gruppi di interessi specifici.
Io ricordo una storia diversa.
Ricordo che il 5 agosto 2011 la presidenza della Banca Centrale Europea inviò al premier italiano una lettera / ultimatum con una serie di richieste che avevano molto del diktat e poco del consiglio; ricordo che nello stesso periodo Deutsche bank iniziò a vendere una quantità enorme di Titoli di Stato Italiani (circa 7 miliardi di euro sugli 8 che possedeva) provocando il crollo del valore degli stessi e la conseguente impennata dello Spread. Ricordo che sempre in quel periodo un tale, che casualmente apparteneva ad una serie di comitati e gruppi di interessi di orientamento fortemente liberista, venne nominato Senatore a vita il 9 novembre e quattro giorni dopo, caduto sotto i colpi dello Spread il Governo eletto, ricevette l'incarico di formare un nuovo Governo. Tecnico.
Ricordo, infine, che fu proprio sotto questo Governo "tecnico" che venne approvato l'inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio.
Ma forse ricordo male io...

In conclusione
Tutta questa iniziativa rientra pienamente nella campagna elettorale in corso, ed è mirata ad alimentare un timore (la "montagna di debiti") ed un falso mito (lo "Stato sprecone"), per generare diffidenza nei confronti di ogni proposta politica che intenda rilanciare i consumi interni attraverso l'intervento pubblico. E' una simpatica trovata liberista che viene ripetuta identica in diverse nazioni già da alcuni decenni:


Il contatore della montagna del debito pubblico USA, da me fotografato nel 2014 a New York

Il contatore della montagna del debito pubblico britannico, anno 2010

Il contatore della montagna del debito pubblico polacco, anno 2010

Il contatore della montagna del debito pubblico canadese, anno 2011

Il contatore della montagna del debito pubblico tedesco (già, anche loro), attivo da 22 anni

Se siete veramente ostinati, e volete a tutti i costi un contatore che vi aggiorni in tempo reale su una enorme quantità di denaro pubblico sprecato, vi consiglio questo: a differenza dell'altro, indica una cifra che può essere realmente tagliata senza devastare alcuno dei servizi pubblici che utilizziamo ogni giorno.

domenica 11 febbraio 2018

Verso le elezioni 2018: la triplice strategia PD


Tra una ventina di giorni l'Italia sarà chiamata alle elezioni. L'esito di questo voto potrebbe avere un enorme impatto a livello internazionale, paragonabile nelle ricadute ad accadimenti come la Brexit o l'elezione di Trump negli Usa. Se il referendum del 4 dicembre 2016 segnò un'importante battuta d'arresto nel processo di svuotamento della sovranità nazionale, il voto del 4 marzo 2018 potrebbe segnare l'inizio del processo di smantellamento dell'organismo sovranazionale, acostituzionale, tecnocratico e ultraliberista chiamato Unione Europea.

Naturalmente il complesso di interessi economici che ha disegnato, voluto e imposto questa entità sta facendo di tutto per garantirne la sopravvivenza, ma a differenza dell'ultima tornata elettorale, stavolta c'è una possibilità concreta di avere nelle aule parlamentari una numerosa rappresentanza delle posizioni sovraniste a guidare l'opposizione o addirittura a governare il cambiamento dai banchi del Governo.

Sul fronte opposto a quello dell'interesse nazionale sono posizionate in maniera più o meno dichiarata numerose forze politiche, in primis il Partito Democratico, chiamato al difficile compito di evitare un tracollo in stile Partito Socialista francese (o spagnolo, o tedesco, o greco, o olandese) per poter formare dopo il voto una qualsiasi grosse koalition finalizzata a prolungare la vita dell'Unione e l'agonia d'Italia.

Triplice la strategia che il fu Partitone sembra voler adottare per garantirsi almeno la quota minima  (20%) necessaria ad un ruolo da comprimario nella prossima legislatura:

Pd1 - Il partito AL Governo
Questa strategia è rappresentata per eccellenza dal premier-conte Gentiloni. Il messaggio veicolato è semplice: il Pd ha permesso la ripresa economica, guidando l'Italia nella giusta direzione. Vi abbiamo portati fuori dal tunnel, la crisi è finita, bla bla bla... in un profluvio di pacche sulle spalle autocelebrative.
Bello, peccato che gli indicatori positivi - pur presenti qua e là - siano per la massima parte effetto della ripresa globale e del Quantitative Easing di Draghi, che per inerzia hanno trascinato anche noi fuori dalle secche di un palmo. Tanto è vero che la nostra "ripresa" è iniziata molto dopo quella degli altri e ci vede tuttora ultimi tra i 27 paesi Ue, diciassettesimi tra i paesi del G20 e unica Nazione del G20 a non aver ancora recuperato il livello di Pil precedente alla crisi. Bel risultato per un partito che dal 2007 (scoppio della crisi subprime) è stato SEI ANNI in maggioranza o al Governo.

Pd2 - Il partito DI Governo
L'attuale posizione di Renzi. Dopo essere stato rottamatore, premier "del fare" (qualunque cosa significasse), aspirante riscrittore della Costituzione, pasdaran europeista ed antieuropeista wannabe, Matteo da Rignano si reinventa novello Mitterrand e propone un'immagine di sé e del suo partito improntata alla pacatezza dei toni, alle buone maniere di stile più squisitamente democristiano. Il messaggio a grandi linee è: "Gli altri urlano, vogliono cambiare tutto, stravolgere le cose. Noi no. Noi siamo seri. Noi vi lasceremo al vostro piccolo mondo, governeremo senza disturbarvi, poco a poco, piano piano". I destinatari di questa strategia di comunicazione sembrano essere due: sia il famoso "voto moderato", da sempre sogno proibito di Renzi, sia i padroni del vapore che controllano la Ue. Questi temono le Nazioni sovrane sopra ogni cosa, e per anni hanno sostenuto apertamente il Pd al fine di tenere sotto controllo l'Italia, ma in caso di crollo piddino dopo il voto potrebbero trovare nuovi maggiordomi altrove, magari sponsorizzando un'operazione in stile En Marche con qualche giovane ministro uscente nel ruolo del Macron de noantri.

Pd3 - Il partito di LOTTA
I ministri Delrio e Orlando sembrano i più convinti portavoce di questa strategia, che non mira a guadagnare nuovi voti, quanto piuttosto a serrare i ranghi del proprio elettorato soffiando sulla paura del sempre utile "pericolo fascista". Questa incarnazione del Pd parla alla pancia dell'elettorato, agita fantasmi, dipinge minacce e cerca in ogni modo di trascinare ai seggi gli elettori Pd disillusi o apertamente scontenti, non in nome dei risultati di governo (come il Pd1) né per la veste moderata e istituzionale (come il Pd2), ma come atto di fede di una crociata contro il "Male".
L'obiettivo è coprire in modo facile e gratuito (i diritti del lavoro costano, lo Stato sociale anche, le dichiarazioni di antifascismo no) il fronte sinistro contro la concorrenza del Pd di riserva (LeU) e delle forze più radicali.

Se la strategia Pd1 è tutto sommato di prassi per le forze politiche di governo che si presentano alle elezioni, e quella Pd2 segnala una certa preoccupazione per i risultati del voto, è il ricorso sempre più massiccio alla strategia Pd3 che fa da cartina tornasole alla disperazione che aleggia a Via del Nazareno. Come se ormai fosse data per persa ogni possibilità futura di contare qualcosa e ci si preparasse da subito ad una durissima resa dei conti interna.

Cosa di cui l'Italia non può che essere lieta.