giovedì 26 febbraio 2015

Crisi in Grecia: vince l'Unione, perde l'Europa


Alla fine, la Grecia ha capitolato.
La "rivoluzione" di Syriza si è precocemente infranta davanti al muro dell'Eurocrazia, e il dinamico duo Tsipras - Varoufakis ha dovuto rimangiarsi il 90% delle promesse elettorali che l'avevano portato al successo. Tutto per una striminzita proroga di quattro mesi (invece dei soliti sei) dei prestiti-cappio concessi dalla Troika.

L'Unione che fa capo a Bruxelles ha dimostrato una solidità granitica e non si è scostata di un millimetro rispetto alle proprie pretese, se non per qualche ridicolo ritocco estetico: sparisce la parola Troika (d'ora in poi "istituzioni") quando si parla della Troika, i termini della resa di Atene stabiliti dalla Ue vengono benevolmente mascherati da "piano di riforme" ideato dalla Grecia stessa.

Una vittoria totale, quella dell'Unione, che sancisce il principio che in tutti gli stati membri esiste una sola politica economica possibile, ed è decisa a Bruxelles. Il voto popolare non può modificare le linee tracciate dalla Ue. La sovranità democratica non vale in campo economico: qualsiasi tipo di governo i cittadini scelgano di eleggere (destra, centro o sinistra) dovrà necessariamente applicare lo stesso piano di "riforme strutturali".

E così, seppure (forse) a malavoglia, l'enfant terrible di Atene dovrà ora aumentare l'equivalente greco dell'Iva, inasprire la lotta all'evasione fiscale (in un paese dove i grandi evasori sono fuggiti già da un pezzo), spingere l'acceleratore su liberalizzazioni e privatizzazioni, aprire il mercato nazionale agli investitori esteri... le solite ricette che abbiamo visto applicare da un decennio a questa parte in Spagna, Francia, Italia, da governi di centro, sinistra, destra o di coalizione. Le stesse ricette che non possono portare ad una crescita equilibrata degli stati che le applicano, perché non hanno come obiettivo la crescita, ma un gigantesco travaso di ricchezza dal basso verso l'alto e dalle periferie dell'Unione verso il centro.

E qui si arriva alla vera sconfitta di questa vicenda: l'Europa.
Di anno in anno, di memorandum in memorandum, l'Unione sta uccidendo l'Europa, alimentando la diffidenza, il risentimento, il rancore tra i popoli che, almeno a parole, vorrebbe accomunare. Il gioco sporco che si sta conducendo sulle varie opinioni pubbliche, aizzando l'astio reciproco tra nord e sud, ovest ed est, è pericolosissimo in un continente che ha visto i popoli che lo abitano in guerra tra loro praticamente per tutta la sua storia, compreso oggi (Ucraina, anyone?). Tolte patetiche operazioni di marketing come il progetto Erasmus, l'unico volto che l'organismo tecnocratico con sede a Bruxelles è in grado di mostrare dell'Europa è quello feroce e spietato, che non solo tollera, ma esige il sacrificio dei suoi cittadini sull'altare dei propri dogmi contabili. Questa è la strada più sicura per arrivare alla distruzione dell'Unione stessa, ma anche per legare nella memoria dei popoli del continente il concetto stesso di Europa a qualcosa di nefasto, impedendo di fatto per decenni qualsiasi nuovo tentativo di avvicinamento tra le nazioni europee.

Non si può, come europei e come esseri umani, collaborare con chi ha prodotto una catastrofe simile:


venerdì 20 febbraio 2015

I Popoli civili

Immagini prese da Repubblica.it
L'altroieri a Campo de' Fiori, e ieri in Piazza di Spagna, centinaia di tifosi olandesi del Feyenoord si sono esibiti in uno spettacolo di rara inciviltà e violenza, con il punto più basso raggiunto con la vandalizzazione ed il grave danneggiamento della fontana della "Barcaccia" di Bernini.

Al di là delle considerazioni sull'apparato di sicurezza e prevenzione a dir poco inefficace (continuo ingenuamente ad aspettare qualche notizia di dimissioni dopo questi eventi, ma sto imparando a non stupirmi più che tutti restino tenacemente incardinati sulle proprie sedie), le foto che potete vedere qui sopra, e le centinaia che si trovano ovunque su internet oggi, dovrebbero far scattare una scintilla nella testa di chi continua a vedere i popoli del nord Europa come naturalmente virtuosi, più educati, più civili, incapaci di bassezze... in una parola "superiori" rispetto a quelli del sud e in particolare rispetto agli Italiani.

Amici miei... le bestie esistono anche a nord delle Alpi!

Piantatela una buona volta di fustigarvi e fustigarci perchè "solo-in-italia", perchè "la-repubblica-delle-banane", perchè "gli-italiani-sono-maleducati", perchè "l'itaglia" e "gli italioti".

NON ESISTONO POPOLI VIRTUOSI.
NON ESISTONO POPOLI CORROTTI.

Esistono popoli diversi, e in ciascuno di essi c'è l'onesto ed il disonesto, il virtuoso e il vizioso, l'educato e la bestia. Poi ci sono i media che hanno il grande potere di decidere dove puntare il riflettore, e le opinioni pubbliche che inevitabilmente guardano solo ciò che è illuminato. Ma da qui a credere davvero che "gli olandesi sono tutti educati" o che "gli italiani sono tutti maleducati" o ancora che "i greci sono tutti lavativi" ce ne passa. Quello è razzismo, belli. Anche attribuire al proprio popolo ogni difetto è razzismo.

Quindi la prossima volta che vi viene di fare una tirata autorazzista, ricordate le immagini che aprono questo post, pensate ad un monumento di straordinaria bellezza e delicatezza come la Barcaccia ridotto ad una pattumiera, agli idioti ubriachi come merde che pisciano sulla scalinata più bella del mondo, e cercate di tenere la bocca chiusa.
Con il semplice silenzio avrete contribuito a migliorare la percezione che l'Italia ha di se stessa, ed avrete messo in circolazione una cazzata di meno.

P.S. A quanto pare, l'ambasciatore olandese ha fatto sapere che il suo paese non intende pagare i danni alla Barcaccia. Tecnicamente è corretto, non spetta ai Paesi Bassi pagare per gli idioti del Feyenoord. Ma a volte bisogna saper andare oltre i tecnicismi. L'ultimo restauro della fontana del Bernini è costato 200.000 euro. Anche ammesso che questa volta i lavori costino due, tre volte tanto, stiamo parlando di spiccioli per una nazione avanzata. Che ne otterrebbe un ritorno positivo in termini di immagine e contribuirebbe a rendere visibile quel famoso "spirito europeo" di cui tanto si parla e poco si vede.
Ma evidentemente per l'Olanda il "sogno europeo" vale meno di qualche centinaio di migliaia di euro...

domenica 15 febbraio 2015

3 anni fa l'incidente Italia-India



Il 15 febbraio di 3 anni fa, a seguito dell'uccisione di due pescatori indiani al largo delle acque del Kerala, ebbe inizio la vicenda giudiziaria dei fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

Dopo 3 anni, 3 governi, 2 Presidenti della Repubblica (e mezzo), 5 Ministri degli Esteri, 3 Ministri della Difesa, 2 Ambasciatori, 1 Semestre di Presidenza dell'Ue, 1 Alto rappresentante dell'Unione Europea per gli affari esteri...

ancora non si riesce ad avere neanche le imputazioni per cui i due marò sono trattenuti in India.

E' sconcertante che dopo tutto questo tempo non ci sia alcuna fine all'orizzonte per questa vicenda.
E' avvilente assistere alla raffica di rinvii della giustizia indiana, che sembra intenzionata a far scontare ai due militari italiani una pena "preventiva", fregandosene del fatto che una detenzione così prolungata in assenza di imputazioni costituisce violazione dei diritti umani, come ricordato anche dalla risoluzione che il parlamento dell'Ue si è degnato di approvare dopo quasi 3 anni dall'inizio della vicenda.
E' irritante assistere al penoso balletto di dichiarazioni delle nostre istituzioni, che sembrano del tutto incapaci di gestire la situazione ed hanno finito per rendere ancora più complesso un caso già intricato.

L'augurio e la speranza è che quest'anno si riesca finalmente a fare chiarezza sulla vicenda, garantendo ai marò ed ai parenti dei pescatori uccisi una giustizia obiettiva e, finalmente, celere.

martedì 10 febbraio 2015

10 Febbraio, giornata del Ricordo


Immaginate di perdere tutto.

Lasciate il lavoro,
abbandonate la casa,
dimenticate i volti amici,
i luoghi cari.

Tutto ciò che da sempre fa parte della vostra quotidianità, cancellatelo.
Dovete andarvene. La vostra terra, la terra dei vostri avi, non vi appartiene più.

Questa la sorte di almeno 250.000 istriani, giuliani e dalmati, che per sfuggire alla persecuzione e mantenere la propria italianità furono costretti a lasciare ogni cosa, partendo senza denaro né beni verso un futuro incerto. Avevano già sopportato le violenze degli uomini di Tito, gli esuli: le prevaricazioni, le vendette, le uccisioni sommarie, le foibe. Almeno 10.000 furono i morti. Gli altri vennero accolti nella madrepatria con indifferenza, se non con aperta ostilità, da quella parte di paese che già faceva di tutto per distruggere ogni sentire nazionale, ogni senso di comunità e dignità, gettando le basi di quel rapporto conflittuale con la Patria tipico dell'Italia degli ultimi 70 anni.

Troppo poco è stato fatto dall'Italia per gli esuli. Troppe volte si è anteposto il pragmatismo della diplomazia alla necessità di giustizia. Ancora pochi mesi fa i superstiti di quella tragedia e i familiari di chi nel frattempo non c'è più hanno subito l'ennesimo schiaffo dal proprio paese.

Dopo decenni è forse impossibile riparare ora ai danni procurati dal tentativo di cancellazione dell'identità di terre che furono italiane per secoli, ma è fondamentale che la Nazione renda giustizia ai suoi cittadini abbandonando ogni mollezza e chiedendo fermamente a Slovenia e Croazia la restituzione agli esuli o ai loro eredi delle proprietà espropriate dal regime comunista di Tito e la valorizzazione delle componenti culturali e storiche italiane nell'Adriatico orientale.

Non è sufficiente nascondersi dietro la proclamazione di una ricorrenza, come accaduto ancora oggi, e pensare che questo basti; la memoria e la dignità di una Nazione non si accontentano della deposizione di qualche corona e della pronuncia di qualche discorso.