martedì 26 settembre 2017

Elezioni in Germania: brevi considerazioni dopo i risultati


1. Il mito della perfezione tedesca da domenica va allegramente a puttane. Nella nazione che per anni ci è stata dipinta come onestissima (anche se...), operosissima (anche se...), accoglientissima (anche se...), improvvisamente oltre 1 cittadino su 10 si è svegliato intollerante, xenofobo e potenzialmente nazista. O siamo davanti ad un'epidemia che neanche "28 giorni dopo", oppure le cose non stavano esattamente come ci venivano raccontate.

2. Poor lives matter. Se opprimi una porzione del tuo popolo togliendole un lavoro sicuro, uno stipendio dignitoso e la possibilità di pianificare il proprio futuro questa, chissà perché, tende a ribellarsi. Ed è disposta a sostenere chiunque dia voce alla propria indignazione. Il giochino di demonizzare ogni forza antisistema non dura per sempre.

3. L'immigrazione di massa crea malessere. E' inutile distorcere le più improbabili statistiche per dipingere una santa immigrazione che fa bene all'economia e "ci paga le pensioni". Quaggiù, nel mondo reale, quando vedi che in pochi anni una via, un isolato, un intero quartiere della tua città inizia a somigliare più ad Abuja che a Potsdam, hai l'impressione che una parte di ciò che sei stia venendo spazzata via per sempre. Una società ha bisogno di tempo per assorbire senza traumi nelle sue fila individui provenienti da società diverse per abitudini, cultura, storia, lingua o religione. Un ingresso troppo precipitoso o troppo numeroso crea tensioni e malcontento.
Un eschimese può trasferirsi in Madagascar ed integrarsi senza problemi, mille eschimesi possono farlo in tempi ragionevolmente brevi, ma un milione di eschimesi che sbarcano tutti insieme in Madagascar creano senza dubbio un problema sociale.

4. La mutazione genetica dei partiti socialisti europei continua a portarli alla rovina. Dall'inizio del nuovo millennio abbiamo assistito allo sfracello dei partiti socialisti spagnolo (42,6% nel 2004, 22,6 nel 2016), greco (40,6% nel 2004, 6,28% nel 2015), francese (24,7% nel 2007, 7,4% nel 2017), olandese (21,2% nel 2006, 5,7% nel 2017), ungherese (40,3% nel 2006, 19,1% nel 2014), tedesco (38,5% nel 2002, 20,5 nel 2017).
Se nasci per difendere i lavoratori dal capitale e finisci col difendere il capitale dai lavoratori, questi prima o poi se ne accorgono.

5. Il sovranismo è tutt'altro che moribondo. Dopo l'esito delle elezioni in Austria, Olanda e soprattutto Francia, la narrazione mediatica voleva le forze sovraniste (populiste, nel loro gergo) sostanzialmente sconfitte. Ignorando clamorosamente il fatto che, seppure senza vincere, i partiti sovranisti si erano rafforzati ovunque in Europa, una sostanziosa parte dell'intellighenzia continentale aveva già archiviato la questione. E invece la sveglia è arrivata proprio dal cuore dell'Impero, da quella Germania che per virtù delle "riforme" fatte con scrupolo e della guida illuminata di "Mutti" Merkel doveva essere immune al virus.
Il sovranismo pone questioni reali che interessano da vicino la vita di milioni di persone. Tapparsi occhi e orecchie, blaterare di rigurgiti nazisti, xenofobie, muri, pance et similia è il modo più inutile e infantile di rispondere a questi problemi.

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