giovedì 19 marzo 2015

La guerra dei bottoni



Passata un po' in sordina per l'accavallamento con i più tragici fatti di Tunisi, ieri a Francoforte c'è stata l'inaugurazione della nuova sede della Bce: un "austero" grattacielo di 185 metri nella Grossmarkthalle costato circa un miliardo e duecento milioni di euro.

Ad accompagnare il lieto evento si sono radunate a Francoforte folle festanti di "cittadini europei", desiderosi di ringraziare le istituzioni per il benessere, la pace e la democrazia che l'Unione ha saputo portare nel vecchio continente... 

Beh, non proprio.

350 fermi, 16 arresti, dozzine di feriti, auto bruciate, vetrine fracassate, un intero quartiere blindato con filo spinato, elicotteri di pattuglia e cordoni di polizia in assetto antisommossa; ciò che si è visto a Francoforte aveva più il sapore della rivolta contro un'istituzione sempre più percepita come oppressiva e lesiva della dignità e del benessere dei popoli che le si sono affidati, piuttosto che quello della celebrazione di uno dei capisaldi (forse l'unico) della cosiddetta Unione Europea.   

Sembra che questa "Unione nata per la pace" stia diventando un immenso catalizzatore di rabbia, dolore, miseria. Ma c'è un però.

Ho deciso di intitolare questo articolo "La guerra dei bottoni" perché guardando le immagini delle migliaia di protestanti, sia quelli pacifici che soprattutto gli altri, ascoltando i loro slogan e leggendo le dichiarazioni a caldo di Draghi, la sensazione che ho è quella di una tragica pantomima in cui l'intero dibattito sul tema della crisi nel continente sia ingabbiato entro limiti prefissati che, guarda caso, tendono ad escludere il fattore principe della crisi stessa.

"No all'austerità", "Basta Troika", "In Europa più Atene e meno Berlino" sono slogan accattivanti che però si muovono tutti nel recinto della continuità dell'Unione Europea, che di volta in volta si vorrebbe "riformare", "umanizzare", "deberlinizzare". Questi oppositori, violenti o no, istruiti o no, in buona fede o no, sono tutti persi nel "sogno europeo" e non intendono minimamente metterlo in discussione. Tantomeno intendono mettere in discussione il dogma dei dogmi: la moneta unica, l'euro.

I vari Blockupy, come anche le Syriza, i Podemos e compagnia varia pretendono di curare il cancro senza rimuovere il tumore, perfettamente incardinati all'interno del frame imposto dall'Unione Europea che vede lo svuotamento degli Stati Nazionali come valore positivo da perseguire più velocemente possibile. Intossicati da una distorta lettura della storia recente ritengono che il sentimento nazionale sia la causa prima delle guerre ed hanno in odio il concetto di confine che intendono sempre e solo come limite, mai come semplice rimarcazione territoriale di identità, tradizioni e culture diverse. I sedicenti no global sono in fondo i primi paladini della globalizzazione, di cui si limitano a contestare solo le storture più macroscopiche senza mai contestare la filosofia di fondo, che anzi abbracciano in pieno.

E così la guerra contro lo svuotamento delle democrazie, contro il dominio totale dei capitali sui popoli, contro l'impoverimento economico e culturale di milioni di persone a vantaggio di elite queste sì globalizzate e anazionali si trasforma in guerra dei bottoni, semplice gioco in cui in fondo entrambe gli eserciti marciano sotto la stessa bandiera.

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