giovedì 5 marzo 2015

Primarie, il surrogato della democrazia


Le recentissime primarie Pd in Campania, come al solito, si sono tirate dietro un codazzo di polemiche, accuse e recriminazioni. A Viareggio non si terranno affatto, a Pomigliano sono state sospese, a Genova la vicenda è finita in mano agli avvocati, e ci sono ancora tanti e tanti casi di primarie contraddistinte da sospetti di brogli, voti multipli, gruppi di elettori "organizzati" e chi più ne ha più ne metta. A dieci anni dalla loro introduzione in Italia, sembra non si sia ancora in grado di garantirne lo svolgimento trasparente e regolare.

Ovviamente gli organizzatori continuano a sostenere con forza le primarie, che considerano uno strumento di grande democrazia, ed alcuni reagiscono alle critiche con un vecchio riflesso già visto quando si parla di Ue: "Le primarie non funzionano? Ci vogliono più primarie!". Così ogni tanto fa capolino la proposta di una legge ad hoc che non si capisce bene come potrebbe risolvere la questione: intanto questo strumento non è condiviso dalla maggioranza dei partiti italiani ma è utilizzato solo da una parte del centrosinistra. Si vuole obbligare tutti alle primarie? Oppure si prevede una legge che ne preveda un uso facoltativo? Inoltre c'è il problema della vigilanza sulla correttezza delle votazioni: va delegata allo Stato (con i relativi costi scaricati su tutta la cittadinanza) o si vuole gestirla internamente (cioè come si è fatto finora, con i risultati che si sono visti)?

Nell'attesa di capire il futuro delle primarie in Italia, c'è da notare la curiosa coincidenza che vede gli stessi paladini di questo strumento di "partecipazione democratica" impegnati a sottrarre via via quote sempre maggiori di vera partecipazione democratica. Poco meno di sei mesi fa la legge Delrio ha rimaneggiato le Province con l'obiettivo dichiarato di tagliare i costi; il risultato è che le Province esistono ancora, ma i consiglieri non sono più votati direttamente dai cittadini. Nel frattempo sta compiendo il suo percorso parlamentare la riforma del Senato che il Senato non lo abolisce, però abolisce l'elezione diretta dei senatori.

In pratica tra qualche tempo i cittadini saranno coinvolti direttamente solo per le elezioni comunali, regionali e parlamentari, mentre Province, Senato, Presidente del Consiglio e Presidente della Repubblica saranno espressione indiretta della volontà popolare e diretta degli apparati partitici. Tutto per "tagliare gli sprechi" e garantire "governabilità", ovviamente.

In compenso, i più nostalgici che ancora volessero indugiare nel vecchio, dispendioso vizio del voto elettorale avranno a loro disposizione l'ottimo surrogato delle elezioni primarie: con solo un paio di euro potranno provare ancora l'aroma della democrazia... o di qualcosa vagamente simile.

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