mercoledì 13 maggio 2015

Un governo Arlecchino tra vincoli e Consulta



La sentenza della Corte costituzionale che ha cancellato il blocco degli adeguamenti pensionistici imposto dalla riforma Fornero deve aver colpito duramente i nostri reggenti, evidentemente presi alla sprovvista da una decisione che va, seppur timidamente, in senso opposto rispetto ai programmi stabiliti per il futuro della previdenza italiana.

Colpo basso - perché arriva da un organo "amico", artefice solo qualche mese fa della bocciatura del referendum che la legge Fornero voleva abrogarla - e forte - perché il governo non può permettersi il crollo di popolarità inevitabile in caso di mancato o insufficiente rispetto della decisione della corte, ma non può neanche tornare indietro sull'agenda imposta da Bruxelles, che va in direzione di una costante riduzione della previdenza pubblica.

Come Arlecchino, l'esecutivo si trova ora nella sgradevole condizione di dover servire due padroni dagli interessi opposti: il più importante è Bruxelles, che infatti ha subito ringhiato per riportare all'ordine il servitore maldestro; l'altro è l'elettorato, padrone sempre meno importante e piuttosto distratto, ma ancora utile e fortemente attaccato al tema delle pensioni.

Per uscire da questa situazione imbarazzante intanto ci si è affidati alla collaudatissima macchina della propaganda, che ha iniziato a creare un frame adatto al caso:

La sentenza della Corte Costituzionale è un costo per le tasche degli italiani, e rischia di far saltare i conti pubblici tanto attentamente curati dal governo.

Questo frame poggia su una mezza verità, perchè effettivamente il rimborso degli adeguamenti è un costo per le casse dello Stato. Peccato che ne venga completamente ignorata la causa: una riforma delle pensioni sbagliata e anticostituzionale, che intendeva derubare i cittadini di diritti acquisiti in decenni di lavoro. L'ipotetico risanamento dei conti pubblici avviato nel 2011 (altro frame abusatissimo) si basava in pratica sulla negazione di un diritto, sulla violazione del patto stipulato tra cittadini e Stato durante la vita lavorativa dei primi. Ora che la Consulta chiede allo Stato di ripianare quell'abuso, viene fatta passare per "cattiva", "sprecona" e via insinuando. Tra un diritto sancito dalla Costituzione e un diktat di Bruxelles, insomma, si cerca di far schierare l'opinione pubblica per il secondo e contro il primo, perché nel nuovo modello di Stato in via di perfezionamento in quel grande laboratorio distopico detto Unione Europea c'è un solo valore sacro e inviolabile: i conti in ordine. Tutto il resto, il benessere dei cittadini, il loro diritto ad avere una vita dignitosa, un lavoro stabile, una pensione giusta, una vecchiaia serena è, anzi deve essere, sacrificabile.

Quanto costa restituire il maltolto e come restituirlo
Entrando nello specifico dei costi del rimborso le cifre in ballo variano sensibilmente, ma il totale dovrebbe assestarsi intorno ai 14 miliardi di euro netti (fonte: Corriere della Sera). Una cifra importante, che ha già fagocitato il fantomatico "tesoretto" apparso a marzo e minaccia di portare alla riduzione o all'azzeramento di una serie di detrazioni e deduzioni che attualmente garantiscono un filo d'ossigeno ai contribuenti.

Ma davvero l'Italia è incapace di trovare una quindicina di miliardi per restituire ai pensionati ciò che è loro?

A guardare bene, ci sono ambiti della spesa pubblica in cui si sprecano sistematicamente cifre molto più alte. Ecco due esempi:

1- Contributi annuali all'Unione Europea
Come un vero stato vassallo, ogni anno la nostra nazione versa un obolo alla Ue, che poi ne restituisce una piccola parte sotto forma di "fondi europei". Solo tra il 2011 ed il 2013 l'Italia ha versato all'Unione circa 19 miliardi di euro in più rispetto a quelli presi con i fondi europei. Non si potrebbe fare una spending review di questo fiume di denaro, che va ad aiutare le economie di nazioni in competizione con la nostra, in favore dei nostri pensionati?

Spendere 19 miliardi per sostenere economie rivali della nostra si può, spenderne 14 per restituire ai pensionati un loro diritto no.

2- Salvataggio delle banche
Negli anni tra il 2009 e il 2014 le nazioni europee si sono prodigate nel salvataggio di alcune banche (soprattutto francesi e tedesche) che avevano incautamente investito troppo nei titoli di paesi fortemente a rischio (come ad esempio Portogallo, Grecia, Spagna). Ciò è avvenuto sostanzialmente scaricando i debiti delle banche sui bilanci statali, quindi caricando i cittadini di un debito non loro. Prendo in prestito dal sempre ottimo L'Orizzonte degli Eventi il grafico di un notissimo quotidiano economico nazionale che illustra graficamente questa operazione limitatamente alla Grecia:


Capito? nei 5 anni in esame lo Stato italiano si è fatto carico di un debito di 40 miliardi di euro pur di salvare banche estere che avevano fatto cattivi investimenti. E questo esempio riguarda solo l'esposizione delle banche sulla Grecia. Non mi pare di aver sentito, tranne poche sacrosante eccezioni, urla disperate di giornalisti e politici a riguardo.

Spendere 40 miliardi per salvare banche estere da un guaio causato da loro si può, spenderne 14 per restituire ai pensionati un loro diritto no.

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