giovedì 18 giugno 2015

Vendere il Medio Evo e chiamarlo futuro



Poi capita di imbattersi in questo articolo del Sole 24 Ore che spiega come il colosso del commercio elettronico Amazon stia pensando a come impiegare la "geniale intuizione di fondo" alla base di Uber per abbattere i costi di consegna dei propri articoli.

L'idea è quella di reclutare attraverso una App utenti che, dietro il pagamento di un piccolo compenso, si incarichino di consegnare i pacchi per conto della multinazionale "a indirizzi che incroceranno lungo la loro strada". Questo permetterà ad Amazon di azzerare o quasi il ruolo delle compagnie di spedizione nel suo business. L'articolo suggerisce anche che probabilmente la multinazionale farà passare i compensi per rimborsi spese, per proteggersi dal fisco. Il nome di questo programma dovrebbe essere "On My Way".

Niente più fattorini, quindi, ma persone qualsiasi che in cambio di una piccola cifra si occupano della consegna di pacchi. Con risparmio sia per chi acquista la merce di Amazon che per la stessa azienda di Seattle.

Tutti contenti, quindi? No.

Come già nel caso di Uber, ciò che viene spacciato per progresso, frutto della moderna tecnologia e di un nuovo concetto di economia, somiglia tantissimo a qualcosa che l'Europa ha già vissuto prima del XIX secolo: lavoro privo di qualsiasi tutela.

Il fatto che sia Uber che la nuova App di Amazon sfruttino ampiamente gli smartphone nasconde sotto una patina di modernità un ragionamento incredibilmente arcaico: abbattere i costi di un servizio sostituendo la manodopera professionale con altra improvvisata. Si tratta di un salto indietro nel tempo degno del miglior Marty McFly, che fa regredire la condizione dei lavoratori a prima dell'inizio delle lotte sindacali, quando erano alla completa mercé del datore di lavoro che non aveva altro obbligo nei loro confronti se non quello di pagare una certa cifra a fronte del lavoro svolto. Niente contributi previdenziali, niente ferie, niente protezioni in caso di infortunio o malattia, totale libertà di licenziamento per qualsivoglia motivo.

La cosa più grave è che nel mirino di questo tipo di iniziative c'è proprio il settore di lavoratori più deboli, quelli a scarsa/nulla specializzazione, che già tradizionalmente soffrono di alta sostituibilità, scarso potere contrattuale e, di conseguenza, basso reddito. Il settore che maggiormente andrebbe tutelato dalla speculazione al ribasso, insomma.

Dovesse prendere piede, la "geniale intuizione di fondo" di Uber & affini potrebbe costituire l'ennesimo mattone nella costruzione di un mondo in cui una parte della popolazione non abbia più una vera occupazione, ma sia costretta a cercare mese per mese la propria sopravvivenza dividendosi tra una miriade di piccoli lavoretti senza alcuna affinità tra loro, senza prospettive di crescita o stabilità, senza protezione di alcun tipo. Tutto questo fino alla morte, visto che si tratta sempre di attività che non contemplano assunzione, né ovviamente contributi previdenziali e neppure permettono, per la scarsa redditività, di sottoscrivere pensioni integrative. Il tutto a vantaggio della parte di società che svolge lavori troppo specialistici per poter essere "improvvisati" da non professionisti.

Se nel corso degli ultimi due secoli si è optato per un modello occupazionale che contemplasse specifiche tutele per i lavoratori e obblighi per i datori di lavoro non è per capriccio né per caso, ma esattamente per cercare di mitigare il divario tra parti della società cercando di ottenere un minimo benessere diffuso. Scardinare questo modello non ha niente di moderno o progressista, è anzi tornare in pieno alla società presindacalizzata, al padrone despota di manodopera senza diritti né voce. Solo che questo padrone ha un logo in vece del volto, un brand in vece del nome e un consiglio d'amministrazione in vece della magione.

Benvenuti nel futuro, e se avete quella strana sensazione che somigli un po' troppo al medioevo non fateci caso: dopotutto ora usiamo gli smartphone!

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