venerdì 23 gennaio 2015

L'Uomo Bidimensionale




Lo spettacolo andato in scena durante la trasmissione "diMartedì" di Floris, con il confronto tra Massimo D'Alema e Marine Le Pen sui temi dell'euro e dell'Unione Europea (qui l'intera puntata), è stato un perfetto esempio della composizione delle forze in campo che già ora, ma sempre maggiormente nei prossimi anni, si affronteranno in Europa.

Da un lato i cosiddetti "populismi", ovvero i portavoce del disagio dei vari popoli che compongono la cosiddetta Unione, sempre meno felici delle condizioni economiche e del modello di società che gli viene offerto; dall'altro un variegato mondo che si può definire "europeista" e che comprende molti cattolici, liberali di vario genere e quasi tutta la fu sinistra, con rare marginali eccezioni.

Tra le altre, c'è una differenza fondamentale che separa le due forze e che le rende veramente alternative (nel senso più radicale del termine): la visione del futuro.

Il mondo "europeista" determina le politiche del presente sulla convinzione di avere la certezza di come sarà il futuro. Il loro ragionamento-tipo è: "bisogna fare questi sacrifici oggi, perché domani accadrà sicuramente questo". E' la riedizione delle antiche "Magnifiche sorti e progressive" di cui già si faceva beffa il buon Leopardi quasi 200 anni fa, un tipo di pensiero che ha molto a che fare con la religione e poco con la comprensione della realtà.

Così come il meccanismo base di quasi tutte le religioni è la gestione del presente attraverso la presunzione di conoscere il futuro (ad es. i cristiani sanno che verrà il Regno dei Cieli con il ritorno di Cristo sulla terra, e per questo predicano - oggi - un certo tipo di morale funzionale a ciò che accadrà domani), gli europeisti suppongono di conoscere a priori la società che verrà nel futuro, ed in base a questo cercano di plasmare il presente. Poco importa che la società del presente sia consenziente.

Durante l'intervista sia D'Alema che Pinotti danno più volte esempio di questa mentalità lineare: la loro prospettiva è schiacciata tra un unico possibile futuro e un ritorno al passato. Indietro non si può tornare ripetono continuamente (ed a ragione, almeno finché non sarà inventata la macchina del tempo). Ma al contempo non vedono nessun possibile "avanti" diverso da quello che hanno in mente, come se la storia dei popoli fosse costretta in un binario prestabilito. La storia come una linea piatta e immutabile, l'uomo costretto in una realtà bidimensionale.

Dall'altro lato i populisti pongono l'accento sul presente perché in gran parte (fa eccezione ad esempio il M5S che costituisce di fatto un ibrido) determinano le politiche da adottare oggi in base all'esperienza del passato. Il populismo nasce quando il confronto tra le condizioni di vita del presente e quelle del passato va a vantaggio delle seconde, quando nella società è forte la sensazione che "si stesse meglio prima". Non esiste un unico futuro possibile, perché la storia ha già dimostrato di poter prendere direzioni imprevedibili, e soprattutto è inaccettabile costringere le società a sofferenze e sacrifici solo per conformare il presente all'ideale che si ha del futuro.

Nel dibattito la posizione di D'Alema è che la meta da raggiungere sia già decisa, senza possibilità di ripensamenti: "Non si possono rimettere indietro le lancette della storia". Nessuna voce in capitolo per la volontà popolare, che deve solo adeguarsi all'inevitabile. Al contrario, Marine Le Pen insiste sulla necessità che siano i popoli, liberamente, a costruirsi il proprio futuro:  "Nostalgica delle libertà del popolo che deve decidere del suo futuro". Nessun accenno a mete inevitabili, nessun binario obbligato, nessun futuro prestabilito.

E' questa la vera natura delle forze in campo: da un lato una ideologia-religione che pretende di avere la conoscenza del futuro e fa di tutto per adattare ciò che è a ciò che (secondo lei) sarà, dall'altra il pensiero semplice di chi rivendica la libertà di poter decidere autonomamente del proprio futuro e sa per esperienza che il cammino dell'uomo non prevede mete inevitabili né condizioni immutabili: i libri di storia sono pieni di Imperi e Unioni che sarebbero dovuti durare per sempre, salvo crollare o disciogliersi uno dopo l'altro.

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